Parco archeologico Falerio Picenus: Storia e Cultura

Falerio Picenus: Arte, Storia e Cultura nell’Antica Falerone.

Benvenuti al Parco archeologico Falerio Picenus: un viaggio nella storia romana.

Nel 1994 è stato istituito il Parco archeologico di Falerio Picenus, con l’obiettivo principale di conservare lo splendido patrimonio archeologico del territorio e di preservare il contesto storico-ambientale di riferimento. Questo parco è però unico in Regione, è un parco archeologico diffuso all’interno del moderno paese di Piane di Falerone. Se infatti teatro, anfiteatro e bagni della Regina (una cisterna monumentale) risultano essere isolati sui tre limiti cittadini non marcati dalla Faleriense, addentrandosi nel paese ammirerete gli altri monumenti (un bel sarcofago, il probabile podio di un tempio, magnifiche sostruzioni, una cisterna, vari reimpieghi di elementi antichi) ancora vivi in una curiosa simbiosi con i moderni abitanti.

Cosa Vedere

IL TEATRO

Il teatro di Falerio Picenus è da sempre l’attrazione principale dell’area archeologica, e ben a ragione. Ancora oggi utilizzato per una variegata programmazione di spettacoli, si tratta del più piccolo teatro romano della regione Marche (cavea di 39 m e orchestra di 18), ma anche forse del meglio conservato. La struttura che presenta spalti appoggiati su un terrapieno imbrigliato da eleganti murature, si data in base alle tecniche costruttive all’età augustea, quando avviene la monumentalizzazione della città, nel programma di propaganda politica di Augusto i teatri hanno un ruolo fondamentale, ma continuò ad essere abbellita per secoli, come attestano le epigrafi rinvenute nel teatro stesso e nelle aree limitrofe, sotto l’Imperatore Claudio (41-54 d.C.), Commodo (177-192 d.C.) e Probo (276-282). Una antica sacerdotessa faleronense poi, Antonia Picentina, nella seconda metà del II d.C. completò la decorazione del teatro con una serie di statue. Non sappiamo esattamente quali, ma da epigrafi, frammenti di statue stesse e descrizioni dei primi scavatori nel Settecento e Ottocento sappiamo che vi erano due cicli statuari: uno dedicato agli dei e uno alla famiglia imperiale.

La struttura era magnifica, dovete immaginarla ricoperta di marmi preziosi provenienti da ogni parte dell’impero, stucchi dai colori vivaci e con alcune repliche delle statue più famose del mondo antico, fra cui il celebre “Augusto di Pima Porta” e una Venere come quella di Milo! Una delle statue da Falerone poi è oggi esposta al Louvre! Abbiamo scritto “dovete immaginare”, ma, grazie al progetto RAV60 (Comune di Falerone con finanziamento Regione Marche, Studio 111 di L. Tampieri e G. Canuti, consulenza scientifica P. Storchi) potete vedere tutto questo in una suggestiva ricostruzione tridimensionale immersiva, particolarmente affascinante se ammirata sul posto

L’ANFITEATRO

A differenza del teatro (quasi interamente conservato) non molto resta dell’anfiteatro di Falerone, il luogo degli spettacoli cruenti, dove fiere e uomini si scontravano, dove duellavano straordinari atleti, dove avvenivano le esecuzioni capitali. Esso è stato purtroppo depredato nel tempo non solo delle sue finissime decorazioni, ma perfino dei mattoni, riutilizzati nelle case del paese attuale, e se ne può apprezzare oggi soltanto parte del nucleo cementizio, solo per circa la metà e del solo anello esterno. Nonostante questo la cura degli abitanti e delle amministrazioni ne fa un gioiello da ammirare e ora potete “vedere” com’era un tempo con la ricostruzione tridimensionale!

La struttura aveva originariamente forma ellittica (per essere precisi, una curva policentrica, ritenuta ideale per permettere a tutti di assistere agli spettacoli che avvenivano al centro dell’arena), ed era un imponente edificio di ben 92 x 80 m circa, edificato verosimilmente nel I sec d.C., forse in età Giulio-Claudia (prima metà del I sec. d.C.).

La porzione oggi conservata dell’edificio si addossa a un colle dal nome suggestivo di “Campidoglio” e restano in piedi soltanto parte del muro esterno, alcuni muri radiali che reggevano gli spalti, gli ingressi principali (aditus maximi, quello est, meglio conservato, era largo 3,60 m) e parte dei vomitoria, le gallerie che permettevano l’accesso del pubblico agli spalti.  Il ritrovamento nell’area di colonnette di marmo e di tufo ci assicurano che anche questa struttura era originariamente molto elegante.

I BAGNI DELLA REGINA

Lungo via del Pozzo, appena usciti dal paese sulla sinistra è impossibile non notare una struttura particolarissima, leggermente disassata rispetto alla strada e che presenta tre nicchie sul fronte. Una struttura posta in un punto funzionale, ma anche dotata di visibilità straordinaria, una struttura che doveva essere magnifica e che quindi solleticò la fantasia popolare che comprese la sua funzione legata all’acqua e la attribuì alle vasche che dovevano esaudire i desideri di riposo di una fantomatica e misteriosa regina appartenuta a un sognato passato, un tempo nebuloso e indefinibile, da qui nacque il toponimo che ancora lo caratterizza “I bagni della Regina”.

Uscendo da questo mondo fatato, e analizzando la struttura, ci accorgiamo che essa è costituita da tre camere comunicanti tra loro che si dispongono da NO a SE lungo via del Pozzo per una lunghezza di 32,4 m (un quarto ambiente al limite sud orientale risultava indipendente dagli altri tre e fungeva probabilmente da deposito). Le tre camere sono ricoperte da malta idraulica, quindi risultavano impermeabili. Questo era il punto di arrivo dell’acquedotto di Falerio Picenus, l’acqua decantava nelle tre camere per riprendere il proprio cammino, ormai pura, verso il basso, verso il teatro, l’anfiteatro, il foro e le case. Gli antichi Romani chiamavano questa struttura “Castellum Aquae”. La particolare tecnica costruttiva (filari di mattoni e ciottoli fluviali alternati a strati di malta) è molto simile a quella del teatro e quindi è verosimile che gli edifici siano all’incirca contemporanei e siano entrambi da ricondurre alla monumentalizzazione del centro di età augustea.

Data la posizione scenografica, lungo un’antica strada romana in uscita dalla città (via del Pozzo), l’edificio presentava un carattere monumentale. Era verosimilmente ornato di marmi, coperto da una volta, e le tre nicchie prospicienti la strada ospitavano statue e, forse, giochi d’acqua, come proposto nella ricostruzione tridimensionale.

LA CHIESA DI SAN PAOLINO

A 2 km circa da Falerone potrete ammirare la chiesa rurale dedicata a San Paolino. Questa è pienamente medievale nelle forme, ma è probabilmente di origine longobarda ed era forse circondata da un sepolcreto di questa popolazione guerriera, come farebbe indiziare il reimpiego qui come lastra d’altare dell’iscrizione di Volveto dove si ricordano re Desiderio e Adelchi. La struttura, semplice nelle forme, risulta però decorata da fini formelle lapidee che recano nodi di Salomone e di San Giovanni, fiori della vita, stelle di varia foggia e una rara sirena bicaudata.

BIBLIOGRAFIA

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